PRONUNCIA,ETIMOLOGIA E STORIA

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ELLEBORO: come si pronuncia?

La pronuncia di questa parola è data dall'accento che cade sulla terzultima sillaba.

ellèboro

elleboro s. m. lat. hellebŏrus, gr. Ἑλλέβορος

Ho sempre avuto difficoltà con la pronuncia  delle parole che non conosco ma, fortunatamente, in questo caso, l'intuito mi ha aiutato, facendomi fare la scelta giusta sin dall'inizio. In seguito, però, colloquiando con clienti che accentavano "elleboro" in modo diverso, ho cominciato ad avere dei dubbi. Ai tempi, non esisteva internet in grado di dare risposte rapide a qualsiasi domanda, per questo inviai una richiesta di chiarimenti via email all'Accademia della Crusca (il riferimento più autorevole per questo genere di problemi). Inutile dirvi che non ricevetti mai una risposta, ma, fortunatamente, arrivarono in mio aiuto negli anni successivi i dizionari online come quello della Treccani, dove veniva indicato il punto in cui cadeva l'accento. Seguirono anche siti con la registrazione vocale; in tutti i casi, l'accento era sempre lo stesso: ellèboro.


ELLEBORO: qual é l'origine della parola?

Dal punto di vista etimologico Helleborus è ottenuta dall'unione di due parole greche:

(Helle) da Helein che significa ferire + (boro) da borà che significa cibo o pietanza. Quindi tradotto risulterebbe "Il cibo mortale o che ferisce"

in alternativa

(Helle) da Heller che significa pazzia + (boro) da borà che significa cibo o pietanza. Quindi tradotto risulterebbe "Il cibo della pazzia".

E' inutile nasconderlo ... l'origine della parola "elleboro" ci fa capire che siamo in presenza di una pianta irritante, tossica o addirittura velenosa, se ingerita in grande quantità, per la presenza di alcuni glucosidi (tra questi il più classico è l'elleborina). Come molte piante tossiche, anche l'elleboro è stato usato in passato, opportunatamente formulato da erboristi esperti, per la cura della pazzia o più in generale per il controllo dei disturbi comportamentali. Inoltre nella tradizione contadina, si usano parti della pianta per il trattamento di alcune patologie che colpivano gli animali allevati. Per chi desideri approfondire l'argomento etimologico, etnobotanico e farmacologico vi posso consigliare questo video del naturopata Marco Pardini.  Attualmente, anche per via della sua pericolosità, questa pianta non viene più usata, ma gli alcaloidi in essa contenuti sono molto studiati per il controllo dello sviluppo delle cellule neoplastiche.


ELLEBORO: è tossico?

La tossicità dell'elleboro preoccupa alcuni appassionati di giardinaggio, ma è necessario ricordare che molte delle specie vegetali presenti nel nostro giardino o nella nostra casa risultano tossiche. Cominciamo dalle Ranuncolaceae (famiglia che comprende anche il genere helleborus) con il Ranuncolo, la Clematide, l'Anemone , il Delphinium .... ma anche piante più comuni come l'Ortensia, il Ciclamino, il Bucaneve, il Narciso, il Tulipano, il Mughetto, l'Oleandro, Il Rododendro, l'Azalea .... e cosa dire delle piante comunemente usate come siepe come la Thuja, il Lauroceraso o la Photinia?. Eppure in tutti questi casi si è indulgenti, e non ho mai sentito chiedere ad un produttore di Photinie o di Peonie "ma è vero che è tossica?". Invece, l'Elleboro si porta sulle spalle questo marchio d'infamia che, per quanto giustificato, non è diverso da quello che meriterebbero tante altre piante con cui condividiamo allegramente i nostri spazi.


L'Elleboro è una pianta "cervo resistente?

Gli animali selvatici riconoscono l'Elleboro e non lo toccano nemmeno quando la fame si fa sentire durante i lunghi inverni. Questa caratteristica fa si che questa specie rientri tra le piante dette "Cervo Resistenti". Durante i primi anni di attività, consultando i cataloghi dei produttori inglesi e americani, guardavo divertito il simbolo, messo ben in evidenza, che indicava la resistenza all'attacco dei cervi. Mi sembrava una cosa bizzarra. Ora, dopo molti anni, anche le nostre montagne si sono popolate di cervi, lepri e caprioli, e questa "bizzarria" è ora diventata una qualità fondamentale per tutti quelli che hanno degli spazi verdi a ridosso delle zone boschive e non vogliono investire soldi nell'acquisto di piante destinate a scomparire all'indomani.